“Bella foto, ma io non mi piaccio.”
Capita a noi fotografi di sentirci dire questa frase.
Ce la metti tutta: la tua empatia, la conoscenza della luce, della tecnica, la tua umanità.
Sei felice perché pensi di rendere la persona di fronte affascinante
e… ⚡️pam: “io non mi piaccio”.
Perché succede questo?
Ognuno di noi ha un’idea di sé stesso fermamente creata e cerca conferme di questa idea ovunque: in ogni foto di sé, nello specchio, nel riflesso di una vetrina appena passata, negli occhi di chi ci sta di fronte.
E se nelle foto non ritroviamo questa idea,
voilà: “io non mi piaccio”.
Dimentichiamo forse che la nostra idea di noi è strettamente nostra?
E che OGNUNO intorno a noi ha un’idea tutta sua, diversa, di noi?
Ognuno ci vede in modo diverso!
E anche il fotografo darà la sua visione.
Infatti, quando cerchi un fotografo, sceglilo anche in base alla sua visione del mondo, perché lui/lei creerà la sua percezione di te.
Da cosa dipende quanto strettamente vogliamo tenerci la nostra idea di noi?
Quanto siamo pronti a ricevere nuove visioni?
È direttamente proporzionale alla nostra maturità, autostima, sicurezza e apertura il riuscire a ritrovare nelle fotografie una persona sconosciuta, più bella, più brutta, più rugosa, diversa da quell’idea tanto cara.
Quanto siamo pronti ad ammettere che siamo anche quella persona ritratta?
La mia missione, in tutto il mio lavoro, è regalare alle persone qualcosa di nuovo: una cosa che ieri non sapevano ancora, allargare le possibilità di percezione.
Un ritratto è un mezzo incredibile, se l’altra parte vuole mettersi in gioco e non cerca solo la conferma della propria idea.
Scomodo? Sì!
Tutti abbiamo le maschere che ci scegliamo all’occorrenza.
Per me il fotografo è bravo quando, nel ritratto, la maschera si rompe.
Quando ci fa vedere la persona che non conosciamo ancora e che magari non si conosce da sola.
Ecco alcuni fotografi che ci sono riusciti: Platon, Guido Harari, Antonin Kratochvíl.